La domanda è volutamente provocatoria, ma corrisponde all’atteggiamento pratico di tanti cristiani. Si crede, più o meno, con un certo “fideismo” che porta ad avvicinarsi alla pratica religiosa, compresa forse la confessione, più per scaricare un senso oscuro di colpa, che per una sincera consapevolezza di essere un po’ in dissonanza con la realtà del proprio battesimo.
La realtà “virtuale” della vita quotidiana è ben diversa! E si sa, siamo nel 2000!
Il “bigottismo” – siano rese grazie alla cultura che ci ha liberati da tale oscurantismo – è cosa ormai di altri tempi.
La vita cristiana, credere nel Signore risorto, oltre che essere un fatto personalissimo, intimo da non fare trapelare in nessun modo, è tanto nebuloso che si è ormai convinti che esso appartenga, e giustamente, agli archetipi inconsci dell’animo umano il quale proietta sulla sua vita quel misterioso avvicendarsi delle stagioni. Ritorna la primavera, la natura “risorge” e quindi anche l’uomo, prigioniero della paura della morte, “sente” questo archetipo comune alla vita cosmica con la quale, oggi più che mai, si sente unito, anzi, “uno”.
Oltre a questo impulso primordiale inconscio non vi è nulla di certo.
Et mortis fatum finis et trium dierum somno suscepto,
tunc a mortuis resurgens in lucem veniet.
Primum resurectionis initium ostendens.
In nessun altro argomento la fede cristiana
subisce attacchi talmente violenti, ostinati, tenaci ed accaniti
come a proposito della risurrezione della carne…
Ma se è risorto il Cristo che è la salvezza dei cristiani,
non è impossibile che i morti risorgano perché colui che ha risuscitato il proprio Figlio,
e Colui che ha risuscitato il suo corpo, ha dimostrato in Lui che è il capo,
ciò che avverrà per il resto del suo Corpo che è la Chiesa
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