La memoria è quella facoltà con la quale noi percepiamo la realtà. Non riguarda solo il passato, agisce sul presente. Noi siamo consapevoli che qualcosa esiste attorno a noi e noi esistiamo in una realtà con la quale dobbiamo fare i conti ogni momento della vita: come il respirare, nutrirsi, difendersi dal freddo, ecc… e gli “altri”!
Se dimentichiamo di prendere l’ombrello quando fuori piove diciamo; che smemorato! Abbiamo perso il contatto con la realtà.
Quindi memoria è presenza, è consapevolezza che noi esistiamo e che una realtà ci circonda, ci sostiene.1
La memoria che ci riporta sempre ad una presenza e ci pone davanti il problema del “senso” della realtà e al tema del “destino” o meglio, dove va la realtà, dove vado io? In altre parole: da dove viene la realtà, da dove provengo io; dove vado io quanto arriva la morte?
Il titolo di questo nostro incontro suona un poco strano per la nostra mentalità nella quale si parla solo di realizzare se stessi, di essere all’altezza, di avere autostima di se stessi, di apparire, ecc.
Il motivo “del lasciar crescere”, si chiarirà cammin facendo e soprattutto apparirà come la persona è un Altro che la fa crescere. A noi chiede soltanto di non intralciare troppo il suo lavoro nella docilità. E quest’Altro è il Santo Spirito.1
Il contenuto del concetto “Persona” è il più arduo da definire e il più semplice da cogliere. La definizione di persona sfugge a tutte le nostre categorie. Tuttavia, è una realtà che noi viviamo, o meglio siamo, se non vogliamo ridurre noi stessi ad un ammasso di sensazioni senza senso: l’homme, cette une passione inutile! (Satre).
Una tale affermazione è in contrasto con la nostra realtà più vera e di tutti i giorni, benché viviamo sempre o quasi di sensazioni, desideri, conflitti, angosce, ecc. in quanto, pur nella diversità e nel vortice delle nostre sensazioni, siamo ben consapevoli che ognuno di noi, pur attraverso tutte le esperienze, rimane se stesso dall’infanzia alla vecchiaia. 2
Io mi chiamo Bernardo, nella mia crescita quante vicissitudini ho subito, vissuto; mi hanno fatto crescere. Ne potrei elencare tantissime, ogni nostro giorno ne è pieno! Eppure, eccomi qua ancora con il mio nome di Bernardo e la mia identità.
La nostra crescita non è principalmente orientata alla persona. La persona emerge lentamente, quando emerge. Nella nostra crescita evolutiva ciò che sperimentiamo come più vitale è il piacere, l’accettazione e il potere.
Nel Vangelo, Gesù usa il termine “lievito”: Allora egli li ammoniva dicendo: Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode! Mc 8,15; Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia, Lc 12,1. e S. Giovanni: la triplice concupiscenza: tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo, Gv1 lett 2,16.
L’esperienza del Santo Spirito, benché siamo già “segnati” con il battesimo e la confermazione, non è la preponderante nella nostra vita.
L’evoluzione della nostra crescita, della nostra educazione, della nostra cultura non ha come finalità la crescita della persona. Non sa, o non vuole sapere, che l’uomo ha bisogno delle verità rivelate per assurgere alla conoscenza della persona.1
La conoscenza della persona umana proviene dal mistero dell’Incarnazione:
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati, Gv 1,12.13.
Ritornare al cuore significa che abbiamo intuito cosa sia essere persona: la radice e la fonte di tutto il nostro dinamismo vitale. Normalmente è questo dinamismo vitale, sensibile, intellettivo, operativo, che costituisce l’esperienza della nostra vita.
Senza la docilità al Santo Spirito noi non sappiamo cosa chiedere nella preghiera, quelle poche volte che preghiamo: Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili, Rm 8,26.
La relazione è attuata tra due persone. Ci possono essere relazioni di attività, come quando io vado in banca per ritirare degli euro, mi relaziono sì, ma con l’attività della mia richiesta e della prestazione dell’impiegato\a. Cosa viviamo e cosa sentiamo in quel momento, non lo sappiamo in quanto persone. Bisognerebbe passare ad un’altra dimensione, la quale, nelle nostre attività, c’è poco!
Siccome le nostre attività, non importa di quale genere, sono il “continuum” della nostra vita. Il nostro essere persona non sappiamo dove stia di casa.1
Come conseguenza, siamo fuggitivi da noi stessi, dal nostro essere persona e quindi incapaci di relazione.
Quanto viene esposto, anche se può sembrare una speculazione teologica, non è altro che un tentativo di intuire l’insondabile ricchezza dell’umiltà di Dio che è un Dio di eterna misericordia, e l’inestimabile ricchezza del Battesimo che tale umiltà e misericordia ci ha conferito.1
L’umiltà di Dio non bisogna intenderla come normalmente intendiamo noi l’umiltà: è umile chi riconosce la sua piccolezza di fronte all’altro. Per quanto riguarda Dio, questo non si può ovviante affermare, Dio non è umile perché si considera inferiore a noi. L’umiltà di Dio è la sua carità, il donarsi totalmente, è umile perché l’Immenso si dona a colui che ha creato per essere il ricettacolo della sua gloria. Il Padre che si dona tutto al Figlio, da sempre, genera il Figlio. Nel Figlio che si ridona al Padre e il Padre al Figlio, abbiamo la possibilità che il Padre nel Figlio possa donarsi ad extra, ad altre creature, che, nel suo disegno ineffabile, ha scelto: l’uomo:
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto Ef 1, 4-6; Ebr 1,3-6;
Perché l’uomo possa partecipare alla pienezza del Figlio che si esterna, il Figlio di-viene il primo uomo, nel piano di Dio, creato da Dio, per ricevere la pienezza della divi-nità del Figlio, alla quale tutti gli uomini sono chiamati ad aver parte:
E` in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, Col 2,9-10.2
Il contenuto di questa relazione richiama, ovviamente, la nostra vita battesimale: Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo, Gal.3,26-27.
Di conseguenza: se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente, Ef 4, 21-23.
Il cristiano è nel mondo ma non è del mondo: Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia, Gv 15,19. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova, Rm 6,4.1
Non è un privilegio intimistico; è una responsabilità nei confronti dei fratelli e di chi è senza speranza: per rendere ragione del Signore risorto che è in voi: adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi, 1 Pt 3,15.
La relazione, ovviamente, suppone due soggetti o meglio due persone atte ad entrare in relazione, anche se una di esse è in via di crescita e quindi deve essere educata alla relazione. Ed è il caso di tutte le relazioni umane e cristiane.
Nessun uomo, si dice, nasce maestro. E ciò va detto in modo peculiare della relazione tra Dio e l’uomo. La preghiera, per esempio, è relazione, sappiamo però che la preghiera per divenire relazione, esige un tirocinio di conoscenza, di guida e di docilità.
Tutta la catechesi di Gesù nei Vangeli è una progressiva educazione fino alla relazione: