Quando si è parlato della lectio divina, si è insistito sul fatto che tutta la realtà, noi compresi, è simbolica. Conosciamo solo un aspetto di essa: quello più empirico. La realtà “fisica” che conosciamo deve rinviarci ad un altra realtà. Un tempo questa era oggetto di un trattato filosofico: la metafisica, cioè oltre quanto percepiamo noi con le nostre capacità. Nozione di Simbolo Il simbolo era una realtà, per esempio un a medaglia, che veniva divisa tra due persone allorché si separavano, e serviva per riconoscersi quando si sarebbero incontrati di nuovo. Il confronto con le due metà era per identificare le persone che si erano separate e che si ritrovavano ( cfr la nostra carta di identità: io non sono la carta di identità e tuttavia serve per identificarmi di fronte a chi non mi conosce). Metà del simbolo la possediamo noi, è il nostro essere concreto; l’altra metà lo detiene un Altro. Noi, poiché non possiamo vivere dimezzati, costruiamo noi stessi sulla nostra metà con le nostre capacità ed esperienze, soprattutto emotive, pensando, o meglio proiettando l’altra metà, di cui non conosciamo il contenuto, sulla metà che detiene l’Altro. E questa è presunzione e inganno. E’ l’antica tentazione: voi, la nostra metà, sarete come dei, la realtà che detiene Dio per costruire noi stessi secondo il suo piano.